Nacque nel novembre del 1898 la “Candido Augusto Vecchi“, prima società sportiva delle Marche, dedicata dai dodici giovani ascolani fondatori alla memoria del Colonnello garibaldino che aveva sposato una Luciani, di nobile famiglia ascolana. Nel 1905 la società cambiò nome (soprattutto per motivi politici) in Ascoli Vigor, ma durante questi anni il gioco del calcio era rappresentato solo da amichevoli certe volte fin troppe dure e solo nel 1907 si può dire che ad Ascoli Piceno sia arrivato il vero calcio.

Stemma Ascoli CalcioDopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un timido tentativo di ripresa nel 1944-45 con le squadre rionali, riunite poi in un’unica squadra che andava sotto il nome di Associazione Sportiva Ascoli. La squadra ricominciò da dove aveva lasciato l’Unione Sportiva Ascolana prima del conflitto, ossia dalla Lega Sud della Serie C. Nel 1947-48 la lega decise di riformare i campionati italiani di Serie B e Serie C (al quale risultavano iscritte addirittura 286 società), così ci fu il blocco delle promozioni e l’Ascoli, classificatasi al 12° posto del girone F della Lega Centro, fu retrocessa (come per altro tutte le squadre dal 3° posto in poi) nel nuovo campionato di Promozione Interregionale.

Nel 1952 la Lega decise di suddividere il campionato di Promozione Interregionale in due serie: le migliori classificate avrebbero dato vita al campionato di IV Serie mentre le altre avrebbero formato il campionato di Promozione regionale. L’Ascoli, essendosi classificato 3° nel girone L, conquistò quindi l’accesso al campionato di IV Serie.

Nel 1962 venne inaugurato l’attuale stadio, che l’amministrazione comunale successivamente ed intelligentemente intitolò a “Cino e Lillo Del Duca”. Durante la sua presidenza Del Duca acquistò un intero piano del palazzo costruito dai fratelli Santori, in corso Vittorio Emanuele, destinandolo a sede per la società e residenza per gli atleti. Alla morte di Del Duca, nel 1967 la presidenza onoraria passò alla vedova Madame Simone che, donando 100 milioni nelle casse della società, espresse il desiderio di rinunciare a tale incarico quando la squadra raggiunse la promozione. Furono questi gli anni degli infiniti derby con la Sambenedettese in serie C, tutti particolari, tutti sentiti, ma uno in particolare fu tragico. Era la stagione 1964-65, e nel febbraio 1965 era di scena Sambenedettese-Ascoli. Si era già sull’1-0 per i per i padroni di casa quando al 36° del primo tempo, il portiere bianconero Roberto Strulli, in uscita bassa su Alfiero Caposciutti, viene involontariamente colpito da una ginocchiata al viso, riportando la frattura mandibolare. Morì il 14 febbraio 1965 nell’ospedale di San Benedetto del Tronto dopo 14 ore di coma.

Nel 1968 un imprenditore ascolano, completamente ignorante in materia di calcio, diventò presidente con l’intenzione di rimanere soltanto sei mesi per rimettere a posto il bilancio della società: il suo nome era Costantino Rozzi e quello fu l’anno della svolta. Ben presto Rozzi si innamorò del calcio e dell’Ascoli e contrariamente alle sue iniziali intenzioni non lasciò mai la presidenza, arrivando addirittura a dichiarare che avrebbe portato la Del Duca in Serie A. Quelle che tutti classificarono come battute o frasi deliranti, furono invece parole profetiche e l’Ascoli cominciò la sua scalata verso il calcio che conta.

Nel 1971 l’Ascoli si staccò da quello che restava della Del Duca e prese il suo attuale nome “Ascoli Calcio 1898“. Nel 1971-72 l’Ascoli guidato da un sorprendente Carlo Mazzone e trascinato dal leggendario goleador Renato Campanini, vinse il campionato di Serie C ed arrivò per la prima volta in Serie B. L’anno successivo, nella stagione 1972-73, la matricola bianconera si classificò al 4° posto, mancando la Serie A per un solo punto. Appuntamento solo rimandato di un anno, quando nel 1973-74 l’Ascoli si classificò al secondo posto con 51 punti (gli stessi del Varese, vincitore del campionato) e conquistò la sua prima storica promozione in Serie A divenendo anche la prima squadra marchigiana ad approdare in massima divisione, e fregiandosi quindi a pieno merito del titolo di “regina delle Marche”.

Durante l’estate lo stesso Rozzi si occupò dei lavori di ampliamento dello stadio, portandone a tempo di record la capacità a 36.000 posti (oggi ridotti a 20.550). Nella sua prima volta in massima divisione (stagione 1974-75), i bianconeri, sempre guidati da Mazzone, non si accontentarono di fare da comparsa e conquistarono anche la prima storica salvezza in serie A. La stagione successiva, nonostante una lotta accanita fino all’ultima giornata, la peggiore differenza reti con la Lazio condannò l’Ascoli alla sua prima retrocessione in serie B.

Gli anni 80 furono un vero e proprio periodo d’oro per l’Ascoli, fin dall’inizio (stagione 1979-80) quando l’Ascoli guidato da Fabbri raggiunse il risultato migliore di sempre piazzandosi al 5° posto in serie A, ad un solo punto da quello che sarebbe stato il sogno di Rozzi, ovvero la qualificazione in Coppa Uefa (quello stesso anno il Milan che si era classificato terzo, sarebbe poi stato retrocesso in B per illecito sportivo, ma la classifica finale restò invariata). A fine campionato l’Ascoli fu chiamato in Canada come rappresentante del calcio italiano nel torneo The Red Leaf Cup organizzato dalla federazione canadese per promuovere questo sport nel Nord America. I giocatori erano riluttanti, e dopo una stagione così piena di successi avrebbero preferito andare in vacanza, ma Costantino Rozzi li spronò a dovere, rimarcando loro il significato che un torneo di questo tipo avrebbe potuto avere per gli emigrati italiani e per il nome dell’Ascoli nel mondo, e fu talmente convincente che alla fine l’Ascoli vinse il torneo, a cui parteciparono anche squadre del calibro di Botafogo (Brasile), Rangers (Scozia) e Nancy (Francia).

Nella seconda metà del decennio l’Ascoli cominciò anche a sfornare ottimi calciatori dal suo vivaio: Giuseppe Iachini, Lorenzo Scarafoni, Giuseppe Carillo e Domenico Agostini furono le punte di diamante di un Ascoli in cui la presenza di ascolani era pesante.

Nel 1987 l’Ascoli si aggiudicò anche la sua prima coppa europea, la Mitropa Cup, anche se ormai relegata ad un ruolo di secondo piano come trofeo delle squadre vincitrici di serie B.

Gli anni 90 sembrarono iniziare nel segno del decennio precedente con una promozione in serie A conquistata dagli uomini di Nedo Sonetti (subentrato a Ciccio Graziani prima ancora dell’inizio del campionato) in extremis all’ultimo minuto dell’ultima giornata, grazie soprattutto ai gol del carioca Casagrande e alle parate impossibili di Fabrizio Lorieri. Ma già dal campionato 1991-92 si capì che qualcosa stava cambiando: infatti per la prima volta l’Ascoli si trovò a retrocedere l’anno successivo alla promozione, e lo fece in malo modo arrivando ultimo in classifica con una squadra senza grinta e carattere, le qualità che finora avevano sempre distinto i bianconeri. Le due stagioni successive videro l’Ascoli lottare per la promozione grazie anche ai gol di Oliver Bierhoff che aveva deluso in serie A, ma la promozione sfuggì sempre. In particolare nella stagione 1992-93, l’Ascoli si giocò la promozione all’ultima giornata in uno scontro diretto contro il Padova, passando, a 11 minuti dalla fine, dal 2-1 per i bianconeri, al 3-2 finale per gli avversari.

Era la fine di un’era, e molti pensarono che fosse anche la fine dell’Ascoli, sommerso di debiti e con una società allo sbando ad un passo dal fallimento. Fortunatamente non fu così, grazie al sacrificio di un gruppo di imprenditori locali che, guidati dal presidente Nazzareno Cappelli e dai vicepresidenti Roberto Benigni e Guido Manocchio, ripianarono i debiti della società e iscrissero la squadra al campionato di serie C 1995-96. E sorprendentemente fu un campionato di vertice, nonostante la squadra fosse stata costruita in fretta e furia e affidata alla guida dell’ex Enrico Nicolini. Fu merito soprattutto dei gol di Walter Mirabelli, che dopo un girone di andata quasi sempre al comando della classifica, assicurò comunque un posto nei play-off ai bianconeri. In semifinale l’Ascoli si trovò ad affrontare un’agguerritissima Nocerina, con un seguito di tifosi enorme che invasero Ascoli e riempirono la curva nord nella partita di andata: la partita fu molto nervosa (Battaglia della Nocerina fu espulso per aver buttato violentemente a terra un giovanissimo raccattapalle, reo di essere troppo lento), ma l’Ascoli se l’aggiudico e difese quel risultato con una partita di ritorno puramente difensiva. Purtroppo i sogni di rinascita dell’Ascoli si infransero in finale contro quella che sarebbe diventata la favola del Castel di Sangro, che dopo una partita non giocata e inchiodata sullo 0-0, si aggiudicò la promozione ai rigori grazie anche all’errore dal dischetto del giocatore più rappresentativo dell’Ascoli: Walter Mirabelli. Fu comunque un anno fortunato, come avrebbero dimostrato le stagioni successive, in cui l’Ascoli si ritrovò anche all’ultimo posto e a salvarsi all’ultima giornata dai play-out. Il 3 agosto 1996 la nuova dirigenza volle rendere omaggio allo scomparso Costantino Rozzi organizzando il 1° Memorial Costantino Rozzi, a cui furono invitate anche Milan e Perugia. Il torneo fu trasmesso in diretta televisiva su Italia Uno; contro ogni pronostico fu l’Ascoli ad aggiudicarselo e l’attaccante bianconero Stefano Pompini fu premiato come miglior giocatore.

Nella stagione 2000-01 si effettuò un’ennesima rivoluzione in società e Roberto Benigni, l’azionista di maggioranza che era sempre rimasto in secondo piano, uscì finalmente allo scoperto e diventò presidente. La sua presidenza fu caratterizzata da un’attenta e oculata gestione del bilancio, che permise in pochi anni di estinguere tutti i debiti che l’Ascoli si portava dietro dal 1995. Nel suo primo anno di presidenza, l’Ascoli di Benigni centrò di nuovo i play-off, ma si arrese in semifinale al Messina. L’anno successivo, il 2001-02, arrivò la tanto agognata promozione. L’Ascoli guidato da Giuseppe Pillon si presentò ai nastri di partenza quasi ignorato dalle testate giornalistiche nazionali, ma fin dalla prima giornata balzò in testa alla classifica, e non la abbandonò mai, laureandosi campione di fatto vincendo in casa lo scontro diretto contro il Catania per 1-0, e conquistando la matematica promozione in casa contro la Lodigiani, di fronte a 15 mila sostenitori. Era l’anno dei “Diabolici” e nella squadra militava un giovanissimo difensore che sarebbe poi diventato campione del mondo: Andrea Barzagli. Nelle due stagioni successive l’Ascoli ottenne due tranquille salvezze prima con Giuseppe Pillon e poi con Aldo Ammazzalorso subentrato ad un deludente Loris Dominissini. Nel 2004-05 Benigni si affidò all’accoppiata SilvaGiampaolo con la speranza di centrare i play-off. Dopo un avvio stentato, la coppia d’attacco BucchiColacone cominciò ad ingranare e trascinò l’Ascoli a ridosso della zona play-off. L’ultima di campionato fu un vero e proprio scontro diretto contro il Modena, e l’Ascoli si aggiudicò la partita e l’accesso ai play-off soprattutto grazie alla grinta e alla determinazione messa in campo. I play-off vennero affrontati senza troppe illusioni e infatti il Torino riuscì senza troppe difficoltà ad eliminare i bianconeri già in semifinale. L’estate però aveva ancora in serbo delle sorprese. Il presidente del Genoa, primo in classifica, venne accusato di illecito sportivo e la sua squadra retrocessa all’ultimo posto, contemporaneamente Torino e Perugia fallirono per problemi economici, e così, insieme all’Empoli secondo classificato, si ritrovano in serie A il Treviso (5°) e l’Ascoli (6°).

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