Per celebrare i 150 anni dell’unità nazionale, la Reggina ha scelto di aprire le porte. Non lo aveva fatto martedì 11 gennaio, giorno del suo “compleanno” (97 anni), in vista del derbi di lunedì 17 contro il Crotone. La preparazione riprese proprio martedì, visto che si sarebbe giocato poi il posticipo, e per tutta la settimana la Reggina si allenò a porte chiuse. 

Oggi, allenamenti aperti al pubblico, sia di mattina che di pomeriggio. Atzori ha mischiato le carte.

 

A fare da spettatori all’allenamento delle 10 i due infortunati, Barillà e Tedesco. Come accade spesso in occasione delle doppie sedute giornaliere, mattinata dedicata al lavoro fisico. Ma non solo, perché Atzori ha anche fatto esercitare il pacchetto arretrato, facendogli fronteggiare una serie di situazioni offensive. Tra i più attenzionati, Lorenzo Laverone: di fatto il vice Colombo, che ad Empoli non ci sarà per squalifica. Anche se un inserimento di Costa in difesa, con Cosenza sul centro destra e Adejo sull’esterno, non è da escludere.

 

Tornato sul campo alle 15, il gruppo ha invece svolto un lavoro prettamente tattico. Ed è qui che Atzori si è un po’ nascosto, viste le porte aperte. 

Primi venti minuti dedicati a una partitella a metà campo, 12 contro 12, Dopodiché, partita a tutto campo, questa volta 11 contro 11. Esclusi, inizialmente, Sarno e Burzigotti.

 

Ufficio Stampa

Reggina Calcio

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Giornalista pubblicista, da sempre tifoso azzurro è tra i fondatori di Pianetaempoli.it sul quale scrive ininterrottamente dal 2008. Per PE, oltre all'attività quotidiana, si occupa principalmente delle interviste post gara da tutta Italia. E' stato speaker ufficiale dell'Empoli FC per 5 stagioni.

3 Commenti

  1. «Il verbo attenzionare non è registrato nei vocabolari sincronici né in quelli storici della lingua italiana consultati; tuttavia, pur avendo recentemente acquisito una nuova vivacità nell’uso, non può essere considerato un neologismo, dal momento che il Dizionario del nuovo italiano di C.Quarantotto (Roma, Newton Compton, 1987) lo lemmatizza riportando, all’interno della definizione, un riferimento bibliografico che risale agli anni ‘60: “v. tr. Sottoporre all’attenzione. Citato da Gino Pallotta (Dizionario della politica italiana, Pisani, 1964) che lo definisce ‘mostriciattolo’ del lessico burocratico, trasferitosi tuttavia, talora, nelle aule parlamentari”. Attenzionare, dunque, fa parte di quei verbi utilizzati principalmente in ambito tecnico-specialistico e massimamente nel linguaggio burocratico, passati poi al linguaggio politico e da questo, eventualmente, a settori contigui quali il linguaggio giornalistico o dell’economia e, grazie all’influenza esercitata dai media, anche nel linguaggio comune. In corrispondenza di un sostantivo molto frequente nell’uso, può nascere in una lingua l’esigenza di avere a disposizione il corrispettivo semantico nella categoria grammaticale del verbo e viceversa, anche se non tutte le neoformazioni risultano necessarie o ben formate. Vediamo più accuratamente il caso di attenzionare. Rispetto ai verbi denominali presi in considerazione, attenzionare è diverso perché non equivale a ‘sottoporre qualcuno’, bensì ‘qualcosa’, cioè cambia il referente dell’azione del verbo. Il sostantivo attenzione dà luogo a molte locuzioni verbali: fare/prestare attenzione (‘stare attento a qualcosa/ a qualcuno’), fare attenzione, con valore interiettivo (‘esortare qualcuno a stare attento’) e, specialmente al plurale, avere attenzioni per qualcuno significa ‘coprire qualcuno di premure’. Attenzionare si inserisce tra tutti questi significati, ma non è sinonimo di nessuno perché è transitivo ed esprime il significato di ‘sottoporre qualcosa all’attenzione di qualcuno’. Anche dal punto di vista grammaticale, la formazione attenzionare non è scorretta perché segue la flessione morfologica dei verbi denominali della prima coniugazione. Probabilmente, il fatto che questo verbo sia nato e sia normalmente usato in ambito burocratico fa sì che esso venga percepito, al di fuori dei settori nei quali comunemente si usa, come scorretto o, quanto meno, cacofonico; dal momento, perciò, che il verbo attenzionare è usato soltanto nel gergo tecnico degli uffici e nelle sedi amministrative piuttosto che nel linguaggio comune, non parlerei di “abuso” perché questo termine implica un uso eccessivo e, soprattutto, un uso in situazioni e in ambiti inadeguati. Le stesse riflessioni si potrebbero fare per altre forme verbali che hanno avuto ultimamente un rilancio nell’uso di alcuni ambiti settoriali come urgenzare, coniato, secondo il GRADIT (Grande Dizionario Italiano dell’Uso, a cura di Tullio De Mauro, Torino, UTET, 1999-2000 con aggiornamento del 2003) nel 1935, in epoca fascista, col significato di ‘sollecitare con urgenza’ e ingressare usato nell’ambito della biblioteconomia col significato di ‘registrare un libro acquisito dalla biblioteca’. Sia attenzionare sia urgenzare hanno una costruzione transitiva che prevede una ‘cosa’ e non una ‘persona’, come oggetto diretto : “io ti attenziono questa pratica” e “il direttore urgenza questa pratica”. Questi verbi non pare abbiano avuto finora una rilevante diffusione nel linguaggio comune; tuttavia, sulla base dei dati emersi da una ricerca libera su Internet, possiamo fare alcune considerazioni in merito alla distribuzione di attenzionare nella nostra lingua: in primo luogo,notiamo che i siti che contengono questa forma verbale (circa 699) sono, per la massima parte, siti a carattere politico, amministrativo, medico, burocratico, giornalistico, dato che conferma quello che abbiamo già evidenziato; in secondo luogo, emerge che un numero consistente dei siti in cui viene utilizzato il verbo attenzionare è legato alla Sicilia: siti della regione e di comuni siciliani, testate giornalistiche regionali e siti di altro genere o argomento ma sempre legati alla regione Sicilia. Questa particolarità può essere dovuta al fatto che il verbo attinziunari è attestato nel dialetto siciliano, come conferma il Vocabolario siciliano a cura di G. Piccitto (Catania-Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 1977) in cui il lemma, marcato come ‘antiquato’,è registrato con il significato di “rendere ossequio a qualcuno; fare a qualcuno una visita di omaggio”. Attinziunari e attenzionare sono formalmente equivalenti (ma non semanticamente), con la sola differenza che nel verbo siciliano l’oggetto diretto è ‘persona’, mentre nel verbo italiano è piuttosto una ‘cosa’. Recentemente, il participio sostantivato del verbo attenzionare è entrato, con molta probabilità dal gergo delle questure e delle caserme, nel linguaggio giornalistico (fonte: http://www.repubblica.it e http://www.corriere.it) con una sfumatura ancora diversa rispetto a quelle finora considerate: gli attenzionati sarebbero le persone sottoposte ad un’intensa sorveglianza da parte delle forze dell’ordine, con particolare riferimento a coloro che sono sospettati di collaborare o di far parte di gruppi terroristici e, comunque, persone considerate di particolare pericolosità per la comunità internazionale».

    Meglio informarsi prima di dare torto 🙂

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