E’ vero nel calcio, cosi come in quasi tutti i lavori, pagano i numeri, i risultati, il come ci arrivi, se ci arrivi, diventa quasi sempre un dettaglio secondario che poi nel tempo si perde a differenza del dato statistico che rimane impresso negli almanacchi.

Però, il come ci arrivi, che parafrasato per cio’ che riguarda il calcio diventa la prestazione, non può essere un dato superfluo, alla lunga, queste fanno la differenza anche sui risultati sui numeri.

 

Ecco che la gara di lunedi sera, rivista a freddo, senza quindi il pathos del tifoso che si infiamma e vede solo quello che vuole vedere accompagnato dalle lancette dei secondi che scandiscono il tempo, assume un sapore diverso. Non che in corso d’opera alcuni aspetti della partita non fossero emersi.

Quella vittoria, che non deve essere sminuita, resta importantissima fosse solo per aver interrotto una striscia davvero negativa, ha il sapore della mezza sconfitta, un pò come in quei film melodrammatici sul pugilato dove non vince colui che rimane in piedi ma quello che ha combattuto con maggiore ardore e che alla fine il pubblico acclama facendo restare attonito quello con il braccio alzato al cielo.

Ecco questa è stata la vittoria di lunedì.

 

Però è andata, doveva andare, ed adesso, quei numeri, quei dati, andranno a riempire tutti gli archivi specializzati. Gli uomini devono guardare avanti.

Guardare avanti significa andare a sabato prossimo, ad una gara che si preannuncia come difficilissima, contro una delle formazioni più accreditate per il salto di categoria, una squadra che in estate ha fatto importanti investimenti non nascondendo quelle che sono le loro ambizioni: il Padova.

 

La settimana di lavoro darà a chi di dovere tutte le informazioni per scegliere il miglior assetto ed il miglior undici da mandare in campo, ma chi di dovere dovrà avere anche un’altra “mission” oltre a quella prettamente tecnico/tattica, quella di far cambiare modo di interpretare le partite, di avere minore timore e maggiore consapevolezza nei propri mezzi, quello di far crescere giovani promesse del calcio che spesso si perdono nei novanta minuti di gioco, quello di far innamorare maggiormente la gente della sua squadra.

Un compito non facile, assolutamente, ma essenziale se vogliamo vincere sabato con il Padova e, sostanzialmente, se vogliamo provare ad essere in qualche modo protagonisti in questo campionato che è ancora alle sue battute iniziali con tanta strada da fare e dove tutto, ed anche di più, può cambiare ed essere rimesso apposto.

 

Vogliamo vincere, certo. Se la domanda fosse tre punti o prestazione non ci sarebbe dubbio alcuno sulla risposta che ogni amante degli azzurri colori darebbe. Però, dopo essere tornati a casa lunedì sera con i tre punti ma con qualche pensiero, vogliamo anche essere convinti, convinti che questa squadra, questo gruppo, abbia oltre che i piedi buoni, anche un’anima, una personalità spiccata capace di fare la differenza nei momenti difficili senza dover per forza ogni volta andare in apprensione rischiando il cardiopalma.

 

Qualcuno in questi giorni ha scritto che da quella vittoria è ricominciato il campionato degli azzurri, ne siamo convinti anche noi, per adesso vogliamo essere convinti che realmente sarà cosi.

 

Al. Coc.

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Giornalista pubblicista, da sempre tifoso azzurro è tra i fondatori di Pianetaempoli.it sul quale scrive ininterrottamente dal 2008. Per PE, oltre all'attività quotidiana, si occupa principalmente delle interviste post gara da tutta Italia. E' stato speaker ufficiale dell'Empoli FC per 5 stagioni.

8 Commenti

  1. Non sono pienamente d’accordo sull’analisi.

    Quando il Guaste dice:
    “un’altra “mission” oltre a quella prettamente tecnico/tattica, quella di far cambiare modo di interpretare le partite, di avere minore timore e maggiore consapevolezza nei propri mezzi”.

    Perchè non c’è parola buona che un mister possa dare a un gruppo per perdere il timore e dare di più.

    Non ho mai creduto ai mister psicologo o motivatore.
    Il mister deve valutare le qualità a disposizione, saperle mettere insieme, rendendo una forma che rispetti la natura del gioco e la qualità a disposizione.

    Noi abbiamo la qualità.
    Ma non abbiano rispetto del gioco ecco perché le prestazioni vengono meno.

    Ogni singolo giocatore se vuole dare di più deve saper apprezzare il proprio limite perfino a gara in corso.
    (proprio come ha fatto Ficagna che ha retto pur in difficoltà senza strafare ma resistendo).
    Non c’è spinta più grande di questa e dipende sempre da se stessi mai dagli altri mai da un fantomatico motivatore.

  2. Condivido in pieno l’articolo di Al.Coc.

    Mi trovo meno in sintonia con le tu parole, dash.
    Credo che l’allenatore motivatore esista e che uno dei problemi dell’Empoli oggi, sia proprio l’assenza di una figura del genere.
    La squdra oggi non ha solo bisogno di tattica, ma di una figura che li sappia spronare…io credo che solo con tattica e tecnica non vai da molte parti.
    Prendi l’Inter di quest’anno…era palese che il problema era Gasperini e non il modulo da lui utilizzato.
    Dobbiamo capire che i calciatori sono bambini viziati con i quali bisogna saper dosare carota e bastone; quando capisci questo e riesci a creare un gruppo solido, che ti ascolta, ti capisce ed è pronto a seguirti e sacrificarsi, dare un impianto di gioco è cosa più semplice.
    Per riprendere le tue parole “Perchè non c’è parola buona che un mister possa dare a un gruppo per perdere il timore e dare di più.” io direi che ora no, non c’è, ma visto e considerato che Aglietti ha più o meno questi giocatori in mano da più di un anno, poteva aver fatto qualcosa prima in tal senso.
    Il gruppo è sempre stata la forza dell’Empoli…da un po’ di tempo a questa parte invece vige la regola “ognun per se e Dio per tutti” ed i risultati si vedono.

    • Non è imputabile all’allenatore…

      Per dare di più bisogna apprezzare il limite.
      Non si può dare una motivazione dall’esterno è un pagliativo.

      La voglia che può venire in più nei confronti di un motivatore dura poco.

      Le motivazioni si trovano e nascono come spinte dall’intero. Così è in natura.

      Ecco perchè non credo a allenatori motivatori.
      Questo è il luogo di competenza dei giocatori.

      Sul gruppo sono già più daccordo con te.
      Perchè il gruppo si crea dall’esterno e dipende da chi sceglie i singoli allenatore e società.

      • Per quanto riguarda il Gasperini
        il problema era proprio il modulo.

        Non era gradita la difesa a 3.
        perchè costringeva il resto della squadra a ripiegare velocemente è i giocatori dell’inter non sono così propensi hanno qualità diverse.

        Anche in questo caso il tipo inadatto di gioco e mancanza di rispetto hanno decretato la fine naturale
        della guida tecnica.

        Comunque come dici tu ci sono anche i giocatori viziati sotto i riflettori, su questo un allenatore può intervenire in modo disciplinare. Anzi è auspicabile per il bene della squadra.

        Però per quest’ultimo aspetto non c’è nesso con l’argomento motivazione.

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