(Calciopress – Sergio Mutolo) Non c’è pace per il calcio italiano e per i poveri tifosi, ridotti a canne al vento sbatacchiate da uno scandalo all’altro.

Non bastavano i vari gradi di Calciopoli e la parentesi triste del Calcioscommesse. Un’altra bufera si potrebbe abbattere sul mondo pallonaro, già afflitto da una crisi economica devastante che lo sta trascinando verso una deriva tecnica senza fine ( “Calcio, conti in rosso e futuro sempre più nero”).

Le notizie che arrivano da Piacenza fanno prospettare infatti una gigantesca evasione fiscale, messa in atto dai procuratori dei calciatori con la connivenza delle società calcistiche. Una truffa che, se trovasse conferma dalle indagini, sarebbe stata consumata a scapito non solo dei derelitti tifosi ma di tutti i cittadini.

Quali sono le cifre che girano? Gli investigatori, che indagano su questo caso dal novembre dello scorso anno, parlano di “decine di milioni di euro”. L’unico dato certo è il numero di procuratori finiti nel mirino dell’indagine. Sono addirittura ventuno e comprendono la crema di questo particolare settore del sistema professionistico italiano.

I più noti sono Giuseppe Bonetto, Giovanni Branchini, Silvano Martina, Alessandro Moggi, Andrea Pastorello, Claudio Pasqualin, Matteo Roggi e Tullio Tinti. A tutti gli indagati è contestato l’articolo di un decreto legge del 2000 sull’evasione fiscale che punisce “chiunque utilizzi fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte”. Si rischia da uno a tre anni di carcere o, in alternativa, una maxi multa.

La vicenda ha inizio il 21 aprile 2011 a Piacenza, guarda caso una città periferica del sistema calcio italiano come Cremona (dove è iniziato lo scandalo delle partite truccate). ”Nel corso dell’attività ispettiva è stato rilevato che il Piacenza – si legge nell’informativa mandata alla procura della Repubblica – ha iscritto i costi sostenuti derivanti dalle prestazioni professionali rese dagli agenti dei calciatori nella voce dei Diritti pluriennali dei calciatori professionisti”.

In parole povere, come precisano gli inquirenti, ciò significa che “ai fini del pagamento dell’Iva la società ha detratto l’imposta indicata in fattura con la conseguente evasione dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sui redditi”. La Guardia di Finanza parla di una prassi “assolutamente illegale, essendo l’intermediazione di un procuratore un tipo di prestazione da ritenere indetraibile”.

Sarebbe stato dunque messo in piedi “un sistema fittizio attraverso il quale i corrispettivi dovuti agli agenti per le attività svolte per conto dei calciatori vengono, nella sostanza, traslati direttamente in capo alla società calcistica attraverso il conferimento di un incarico all’agente del calciatore stesso”.

Tutto gira sull’emissione di false fatturazioni emesse dai procuratori alla società. Esse dunque “facevano riferimento a prestazioni di servizi inesistenti”, in quanto nessuno dei procuratori ha lavorato per il Piacenza calcio ma al massimo per i calciatori. Il sistema avrebbe fatto risparmiare tasse al club (poi dichiarato fallito) e agli stessi procuratori.

L’inchiesta, ancora in fase di indagini preliminari, potrebbe essere estesa a club di ben altra risonanza rispetto al Piacenza. Si arriverebbe così a smascherare un sistema in grado di portare nelle casse del fisco milioni di tasse evase illegalmente in questi anni.

La prassi era ormai consolidata e, secondo una stima iniziale della Guardia di Finanza, potrebbero essere addirittura 120 le società – dalla Serie A alla Lega Pro – a finire nel mirino delle indagini .

Resta un punto interrogativo. Con quali soldi i club, le cui casse sono prosciugate dalla crisi e in serie A alimentate esclusivamente dai diritti televisivi erogati dalle pay tv (Sky e Mediaset), potranno far fronte a questa eventuale mazzata?

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