https://www.pianetaempoli.it/immagini-empoli/foto-notizie/aperuta.jpgUn leone in gabbia

 

L'”Autopalio” come compagna quotidiana. Ogni giorno Andrea, in auto assieme a due suoi compagni di squadra, percorre la direttrice che collega Firenze a Siena per raggiungere Poggibonsi. Salvo il mercoledì perché c’è il doppio allenamento e in questa occasione Andrea il martedì sera rimane a dormire nella cittadina della provincia senese in appartamento insieme ad altri ragazzi. E’ qui che affronta la sua prima esperienza calcistica “da grande”. Ci torneremo spesso in Valdelsa, un’autentica colonia di ex ragazzi della “Primavera” azzurra. Poggibonsi conta meno di 30.000 abitanti, è più piccola di Empoli, e disputa il campionato di Seconda Divisione Girone B, raggruppamento del centro-Italia. Fiorentino di nascita, scandiccese di estrazione, Andrea è nato il 1° febbraio del 1989 e i suoi primi passi su un campo di calcio li ha mossi nella scuola calcio dello Scandicci.

 

“Ad Empoli sono arrivato nel 2000 e ci sono rimasto per nove anni, fino alla scorsa stagione insomma. Mi portò lì Cappelletti, un osservatore dell‘Empoli”.

 

In pratica sei cresciuto con la maglia azzurra addosso…

 

“Sono stati nove anni bellissimi. Nove anni che mi hanno fatto crescere e migliorare e mi hanno permesso di intraprendere la carriera di calciatore professionista”.

 

C’è qualcuno che ha influito maggiormente in questa crescita?

 

“Direi che sono due le persone, entrambi allenatori. Il primo è Galasso. Lui mi ha spronato dal punto di vista caratteriale perché vedi… Pur non essendo molto d’accordo mi hanno sempre dipinto come una “testa calda”. In questo Galasso mi ha aiutato tanto”.

 

E il secondo?

 

“Beh… Il secondo è Ettore Donati. Lui mi ha aiutato sotto tutti i profili: caratteriale, tecnico e tattico. E’ colui che mi ha fatto diventare più calciatore, che mi ha completato”.

 

Come giudichi questi primi mesi della tua nuova e prima esperienza lontano, si fa per dire, da Empoli?

 

“Fuori dal settore giovanile è tutto diverso. Ad Empoli c’è un ambiente familiare, le persone ti aiutano e ti aspettano. E’ tutto più facile. Qua invece non ti aspetta nessuno, la gente vuole vincere e se le cose non vanno benissimo come sta capitando a noi diventa tutto più complicato. Ci sono di mezzo i soldi, l’obbiettivo della società, che per noi è la salvezza, e prima lo raggiungi meglio è”.

 

Come si è verificato il passaggio al Poggibonsi?

 

“Sinceramente all’inizio non ero molto convinto di questa soluzione, avevo cinque o sei squadre che mi volevano, tutte del sud, che tra l‘altro mi avrebbero offerto anche più soldi. Mi dicevano però che il sud non era tanto idoneo per un 20enne alla prima esperienza e quindi, d’accordo anche con il Direttore Marcello Carli e il mio procuratore Claudio Orlandini, abbiamo deciso per il trasferimento al Poggibonsi insieme ad altri ragazzi della “Primavera” anche perché mi è saltata la trattativa con il Melfi e comunque sarei rimasto vicino a casa”.

 

Fino ad ora hai collezionato 4 presenze su 17, 75 minuti su 1530. Una miseria…

 

“Mi aspettavo molto di più, sono sincero. Non sta andando come avrei voluto”.

 

Secondo te a cosa è dovuto?

 

“Ha inciso anche il fatto che non ho potuto fare la preparazione per una microfrattura allo scafoide del piede destro. Sono rientrato a metà settembre saltando le prime tre partite e poi ho dovuto attendere per tornare in forma. Diciamo che a pieno regime ci sono arrivato ad ottobre”.

 

Non sei però soddisfatto…

 

“Come ti dicevo prima mi sarei aspettato molto di più. Ho giocato poco. Io speravo che ci fosse Donati come allenatore perché all’inizio sembrava che dovesse venire lui. L’accordo non è poi andato a buon fine ed è arrivato Del Rosso che l’anno scorso allenava gli “Allievi” ad Empoli. Pensavo comunque di essere considerato e invece non mi vedeva proprio”.

 

Adesso però Del Rosso non c’è più. C’è Firicano e continui a giocare poco…

 

“Sì. C’è stato questo cambio di allenatore che per me si è reso necessario soprattutto dopo il derby contro la Colligiana. Ci voleva una scossa. Gioco sempre poco, è vero, ma mi sento considerato. Firicano è arrivato da poche settimane e deve ancora conoscerci a fondo. L’impatto con lui però è stato sicuramente positivo e poi si vede che ha giocato in Serie A: spiega bene le cose, mi parla, mi aiuta. Lo ritengo un grande allenatore e non è particolarmente severo”.

 

Le poche volte che hai giocato lo hai fatto almeno nel tuo ruolo?

 

“Sì. Diciamo di sì anche se una volta ho dovuto fare tutta la fascia ed è un ruolo che non mi si addice molto. Io sono più una punta esterna in un 4-3-3 però mi adatto bene anche come punta pura oppure dietro le punte. Coprire tutta la fascia, per esempio in un 4-4-2, faccio molta fatica perché devo migliorare molto in fase difensiva”.

 

Voi andate in ritiro?

 

“Solo quando giochiamo in trasferta. Quando invece giochiamo in casa ci alleniamo al sabato mattina e poi ognuno torna a casa propria per poi ritrovarsi la domenica mattina intorno alle 10.30. Alle 11 pranziamo tutti insieme e poi ci riposiamo un po‘ prima di raggiungere lo stadio”.

 

E quando non sei convocato?

 

“Vado lo stesso allo stadio. Sempre quando giochiamo in casa e una volta sono andato anche in trasferta”.

 

Chi è Andrea Aperuta?

 

“Sono un ragazzo molto socievole, ho un buon rapporto con tutti i miei compagni. Oltre che con i ragazzi della “Primavera” ho legato molto con Caciagli ma anche con i “vecchi” del gruppo. Io sono sempre stato un “personaggio” all’interno dello spogliatoio: mi piace scherzare, sono un burlone”.

 

E fuori dal calcio?

 

“Amo molto passeggiare. E poi esco con gli amici anche perché, purtroppo, non ho più la ragazza. Faccio le solite cose che fanno i ragazzi di 20 anni: andiamo in giro, ci ritroviamo la sera per fare due chiacchere…”.

 

E se a gennaio ti si dovesse presentare una nuova soluzione?

 

“La prenderei sicuramente in considerazione. Intanto aspettiamo di vedere quale sarà la nostra classifica e poi parleremo con l’Empoli e con il Poggibonsi e vedremo se il mercato propone qualcosa anche perché giocando poco non è che ti si possano presentare grosse possibilità”.

 

Scalpita Andrea. Non vuole buttare via l’anno; ha voglia di giocare, di mettersi in mostra e di dimostrare il suo valore. Parlandoci si percepisce chiaramente questo suo stato d’animo.

 

“Io credo molto in me stesso e nelle mie potenzialità. So che potrei dare tanto in un campionato del genere e ho voglia di dimostrarlo! Il mio obbiettivo non è di giocare in Serie C tutta la vita, con tutto il rispetto per la categoria”.

 

E qual è?

 

“E’ quello di tornare dalla mia società madre che è l’Empoli. Anche se sono in comproprietà il legame che sento con la maglia azzurra è molto forte, lo porto e lo porterò per sempre dentro di me. La considero una famiglia e voglio fare bene per poterci un giorno tornare. E’ la mia speranza e soprattutto il mio obbiettivo primario”.

 

E la vita è fatta di obbiettivi che devono essere accompagnati anche da un pizzico di fortuna. E dalla determinazione. Cosa che ad Andrea però non manca…

 

 

 

intervista di Alessandro Marinai

 

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