Le sentenze di maggio sono lontane, ma Maggio, Christian Maggio, dà una prima sentenza: il Napoli è da scudetto. Dopo aver battuto il Milan, la squadra di Mazzarri espugna anche San Siro. A spezzare la gara con l’Inter ci pensa lui, Maggio, prima procurandosi un rigore che farà discutere, poi piazzando la zampata per il 2-0. Certo, per i tifosi nerazzurri che lasciano anzitempo lo stado, dopo il 3-0 di Hamsik, il protagonista del colpaccio azzurro è un altro: Gianluca Rocchi, sezione di Firenze. L’arbitro sbaglia nell’occasione chiave, ma il Napoli sa approfittare dell’errore, e gestire il doppio vantaggio come fanno le grandi squadre. Quelle vere. Vola in testa a 10 punti, mentre Ranieri incassa il primo k.o. della sua gestione e l’Inter il secondo stagionale, su tre, in casa.

 

Il caso — Impossibile, per una volta, non partire dalla moviola: il caso centrale è quello del 41’ del primo tempo. Maggio se ne va in velocità su Obi, il nerazzurro lo spinge ma il fallo, se c’è, inizia fuori area. Rocchi indica il rigore e caccia Obi, già ammonito per un intervento a centrocampo su Lavezzi. Anche in quella occasione c’erano state proteste, Obi forse prende la palla. A questo aggiungete che Campagnaro ribatte dopo la parata di Julio Cesar su Hamsik entrando prima in area (come due interisti) e capirete perché gli animi si scaldino. Per completezza segnaliamo anche un probabile fallo di Zanetti sullo 0-0 con Lavezzi lanciato sulla destra, ma non è di questo che si parlerà in settimana. L’Inter in dieci fatica a calmarsi, sull’ira funesta di Julio Cesar Rocchi si limita al giallo, ma a fine primo tempo espelle il tecnico Ranieri per proteste.

 

Due e tre — La partita, equilibrata nel primo tempo (l’Inter aveva segnato con Pazzini, ma l’attaccante era in fuorigioco) è indirizzata. Il Napoli nella ripresa gestisce vantaggio e nervi degli avversari da grande squadra: dopo 12’ sentenzia il match: Mascara, subentrato a un Pandev che ha suscitato ben pochi rimpianti nel pubblico nerazzurro, lancia Maggio. Nagatomo è in vantaggio ma si fa anticipare dall’allungo dell’esterno: tocco e mezzo pallonetto che batte Julio Cesar. Poi la neo-capolista sfrutta spazi e ripartenze: Zuniga si mangia il 3-0 su assist di Hamsik, lo slovacco non risparmia il portiere sul filtrante di Lavezzi. Tre a zero e tutti a casa, per la gioia di De Laurentiis, in tribuna.

 

Inter, cosa si salva — Nei 41’ di gara alla pari l’Inter aveva fatto vedere buone cose, con il fondamentale rientro di Maicon sulla destra e un 4-3-2-1 in cui Pazzini si “sbatteva” davanti e Forlan e Alvarez facevano da raccordo. L’argentino sa gestire la palla, ma gli manca il cambio di passo. Si vedevano sovrapposizioni e triangoli, anche se a centrocampo peccava ancora in dinamismo. Sul risultato, poi, pesa fortemente l’errore di Nagatomo, che sul 2-0 ha più di una colpa.

 

Napoli laureato — Per tutti e 90’, invece, il Napoli si conferma formazione che sa coprire bene il campo (la difesa a tre non è sinonimo di balli difensivi) e letale quando parte in velocità a ribaltare il gioco. Cannavaro è gigantesco in difesa, Inler e Gargano hanno cambio di gioco e idee chiare, Lavezzi parte e non si ferma più. In più c’è la mentalità. Cresciuta, cresciutissima: può portare fino a maggio.

 

La Roma supera l’Atalanta

 

La Roma batte l’Atalanta 3-1 grazie ai gol di Bojan e Osvaldo, gli attaccanti arrivati dal mercato, e di Simplicio: è il secondo successo di fila per i giallorossi, primo stagionale all’Olimpico: sembrano preistoria le critiche a Luis Enrique, il cui futuro sembrava addirittura appeso ad un filo solo un paio di partite fa. La Roma ha vinto giocando un primo tempo strepitoso, ed un secondo tempo di sofferenza, in cui ha dimostrato comunque di saper anche scalare le marce, di non aver bisogno di giocare al massimo per portare a casa tre punti, di saper stringere i denti. La vittoria di Totti – uscito anzitempo per quello che sembra un lieve infortunio muscolare – e compagni è ancora più significativa se si considera che è arrivata contro un’Atalanta in salute ed in fiducia. I bergamaschi hanno dimostrato che la partenza da sprinter in campionato non è stata casuale. E si godono un Denis che fa sempre gol: sono 4, capocannoniere insieme a Palacio, adesso. Un applauso ad entrambe le squadre: hanno dimostrato mentalità offensiva e gusto del gioco, la chiave giusta per valorizzare il nostro calcio in un momento di ristrettezze economiche rispetto a Premier League e Liga. E per attrarre campioni.

  

Roma da applausi — Il primo tempo della Roma è oltre ogni aspettativa. Non solo è la migliore interpretazione di una pur ancor giovane stagione, per la squadra di Luis Enrique, ma lo è di gran lunga. Il segreto è il ritmo. Finalmente alto, rispetto a quello troppo cadenzato di altre uscite di questo inizio campionato. E un avversario, l’Atalanta, che, forse sin troppo galvanizzato dalla partenza a razzo – senza la penalizzazione si sarebbe presentata all’Olimpico da prima in classifica, punti alla mano – se l’è giocata senza tatticismi, alla pari, con una spavalderia che si è quasi trasformata in boomerang. La Roma ha imparato la lezione: fa la partita non per dovere di spartito, ma perché comincia a venirle naturale, e lo fa volentieri. Totti incanta. Più rifinitore che centravanti, permettendo i tagli al centro di Bojan e Osvaldo. Che trovano le reti e non è un caso. Lo spagnolo sigla la sua prima per i giallorossi con un sinistro incrociato sfruttando l’apertura di un De Rossi sempre più convincente da volante davanti alla difesa. Osvaldo raddoppia, ed è il terzo gol di fila, alla faccia di chi storceva il naso al suo acquisto costosetto. Lo fa da centravanti vero, d’opportunismo, su un pallone che gli arriva in qualche modo a centroarea. Salta Consigli, costretto agli straordinari, con un sinistro morbido, e poi la mette dentro. L’Atalanta non sta a guardare, e ci prova con Moralez, ma è la Roma ad andare più vicina ad un altro gol, con Totti che sfiora addirittura il 3-0 direttamente su calcio d’angolo. All’intervallo è 2-0. Roma super.

 

Reazione Atalanta — I nerazzurri non si danno per vinti. Hanno il merito di non provare a salvare il salvabile, ma piuttosto di cercare un’impresa improbabile, la rimonta. Che diventa molto più possibile dopo soli 3′ dall’inizio della ripresa, quando Denis di testa accorcia le distanze sugli sviluppi di un calcio d’angolo. L’Atalanta dimostra personalità. Continua a crederci, sfruttando le galoppate di Schelotto, un purosangue sulla destra, opposto ad un altro bel cursore, più tecnico, Josè Angel. Bel duello, come è bella la gara. Tante occasioni – Totti è sfortunato quando gli esce un destro a pelo d’erba per un ciuffo – e atteggiamento offensivo ad oltranza. Raro come la neve d’estate, per gli usi e costumi del nostro campionato. Luis Enrique cambia: dentro Borini per Bojan, stanco, e Pizarro per Totti, acciaccato (problema muscolare al flessore della coscia destra). Insomma, il tecnico spagnolo si riequilibra, dimostrando di non avere una visione manichea del pallone. Buon segno, di intelligenza.

 

Simplicio chiude i conti — Il brasiliano, sopresa alla lettura delle formazioni, dialoga con Pjanic e poi segna il 3-1 con un pallonetto morbido. La Roma esulta, e non fanno più rumore neanche le sostituzioni illustri: entra pure Borriello, e lotta, negli ultimi 5′. Sì, è proprio cambiato tutto in casa Roma. Il progetto di Luis Enrique ci ha messo un po’ a prendere forma, ma quello che fa intravedere può far sognare i tifosi giallorossi.

 

Fonte: gazzetta.it

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