Siamo in guerra? La domanda è legittima, anche se il nemico questa volta non ha la mimetica militare ma è un virus e perciò – a complicare le cose – pure invisibile. Stiamo assistendo a misure straordinarie, quali io (che qualche annetto ce l’ho) non avevo mai visto. Anche il calcio ne è travolto. E perché non dovrebbe? Così almeno si smetterà con la frase “il mondo del calcio” per capire che il mondo è uno solo, con o senza il pallone tra le gambe.

Quello che preoccupa, più del coronavirus, sono la mancanza di una linea chiara, trasparente, condivisa, di chi questo Paese comanda e  la cinica e a volte fuori luogo voce di chi questo paese non comanda; sono la pluralità e la messe di informazioni che ad ogni ora del giorno, dovunque, arrivano e la loro – spesso –  contraddittorietà. Servizi speciali, ospiti, santoni della virologia, esperti, politici, giornalisti…..pareri, idee, opinioni….parole…fiumi di parole….un disastro di parole…qualcosa che sta al limite tra sovracomunicazione mediatica e sciacallaggio. Mettete queste due cose insieme ed ecco spiegati il panico e l’angoscia. E metteteci pure la seria e giusta preoccupazione  – tanto per citare solo alcuni casi – di chi vede scomparire le prenotazioni dal proprio albergo o dal proprio ristorante e di chi rischia il posto di lavoro perché la sua azienda rischia la chiusura per mancanza di commesse o di clienti. E metteteci le scuole chiuse il tardo pomeriggio del giorno prima, lasciando molti insegnanti senza strumenti per insegnare e gli studenti senza strumenti per imparare e i loro genitori a mobilitare i nonni (chi ce l’ha) o a cercare qualcuno per stare con i propri figli per potere andare al lavoro (con l’angoscia che lo potrebbe pure perdere).

In questo caos, in questo psicodramma reale e collettivo che sta vivendo il Paese ecco il calcio. Se c’era bisogno della prova della inadeguatezza dei suoi Dirigenti, a qualsiasi livello, del suo essere un contenitore vuoto di primedonne, ignoranti arricchiti,  chiacchiericci,  questa storia del coronavirus ce ne ha dato certezza. Partite a porte aperte…solo alcune…partite a porte chiuse…partite rinviate ….sì…no…forse…vediamo… Campionati sospesi…non sospesi…si gioca, non si gioca, forse…Presidenti di Società che minacciano, che offendono…..sospetti…litigi, accuse e controaccuse…..uno spettacolo vergognoso! Ieri ascoltavo Matteo Marani in una trasmissione TV che ha fatto un quadro ed un commento della situazione esemplari. E ci ha spiegato come in Italia, questo calcio viziato, fatto di miliardi e di sogni, di giocatori strapagati e affari che si consumano spesso al confine tra legalità e truffa, questo calcio che si è venduto ed ha venduto i suoi tifosi alle TV, questo calcio italiano che produce il 12% del PIL mondiale, abbia gettato giù la maschera facendo vedere il suo volto, svelando come l’unico regolamento che esiste, l’unica legge che conta, è il denaro. Per pochi, ma che tirano i fili del teatrino che ogni giorno ci viene proposto: in TV, sui giornali, sui siti web, sui social.  E sinceramente questo volto non ci è piaciuto, anche se diciamo subito che oltre a questo calcio ce ne è un altro, trascurato e a volte invisibile ma che conta tante persone, quello delle Società che già dalla Serie C in giù fanno fatica ad arrivare a fine mese, quello dei giocatori  – e non si parla dei Dilettanti – che non arrivano a guadagnare (quando li guadagnano) mille euro al mese, quello delle Società di Settore Giovanile puro, quello delle donne, ancora non riconosciute come professioniste in un Paese che si vanta di essere tra le prime 7 potenze economiche del pianeta.

Questo coronavirus ci ha portati a capire dove siamo e con chi siamo. Il calcio – nei suoi massimi livelli – ha mostrato la sua incapacità e la sua avidità. I responsabili di questo teatrino della vergogna consumata in questi giorni drammatici per il Paese non hanno un nome: siamo tutti. Sì, tutti, anche noi, che questo teatrino foraggiamo con i nostri soldi e la nostra passione. E anche noi stampa, noi giornalisti,  che spesso ci tappiamo la bocca, le orecchie ed il naso non per paura del contagio da coronavirus ma per omertà.

Purtroppo, mentre stiamo scrivendo, ancora tutte le misure che saranno prese rimangono nell’indefinito e quindi non siamo in grado di sapere cosa e come potremo fare.

Le partite si giocheranno tutte a porte chiuse. Meraviglia che qualcuno parli di schermi giganti per vedere le gare! Dentro uno stadio no e fuori dallo stadio organizzare un raduno di tifosi? Mah! Sarebbe il ridicolo del ridicolo! La stampa, al momento, potrà avere accesso alle gare ma (giustamente) in numero limitato. Le interviste a fine gara sembra che non potranno essere fatte. Pianetaempoli.it cercherà di svolgere al meglio il suo dovere di raccontare la cronaca ed i fatti, per quanto e per come sarà reso possibile.

Questa volta, insieme al grido di “cocchiana” memoria “ora e sempre forza Empoli” aggiungiamo quello di “ora e sempre forza Italia” e, vi assicuriamo, che ogni riferimento a gruppi politici di berlusconiana memoria è puramente casuale.

Prendiamoci comunque, in questo momento difficile per il nostro Paese, un attimo per riflettere su dove stiamo andando, ed in compagnia di chi. Non lasciamo che il maledetto coronavirus ci imprigioni nella paura ma sfruttiamolo, prendiamone spunto per ridefinire il perimetro dei nostri valori, i confini dei nostri sogni.

L’Italia uscirà diversa e cambiata da questa fatica di oggi, ed anche il calcio. Non lasciamo che questa fatica che stiamo facendo e che ancora per un po’ dovremo fare sia stata invano.

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3 Commenti

  1. Buon giorno

    E che ci voleva il coronavirus per chiarire che il calcio è business, gestito da monarchi e vassalli, come del resto tutte le cose dove circolano soldi?

  2. in teoria abbiamo diritto al rimborso delle partite disputate aporte chiuse secondo il regolamento dell’abbonamento

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