Lento 

Dopo una striscia di cinque partite in cui gli azzurri erano riusciti sempre ad andare a segno – non poco di questi tempi – l’Empoli esce a bocca asciutta dall’Olimpico di Torino. Non solo in termini di punti, ma anche nella casella dei gol fatti. Neppure la fortuna volge il suo sguardo benevolo verso gli azzurri quando il VAR neutralizza per fuorigioco millimetrico il gol di Ebuehi che sarebbe valso il pareggio e forse avrebbe dato un sapore diverso alla gara. Forse. Resta il fatto che con gli avverbi dubitativi non si fanno punti. E neppure con le sterili recriminazioni su regole e tecnologie che, per quanto ciniche e fiscali, bisogna prendere atto che ci sono. Resta il rimpianto per un pareggio che gli azzurri non avrebbero demeritato, vuoi per essere stati in campo in modo tatticamente disciplinato, vuoi perché il Torino non ha sciorinato un gioco scintillante strappa-applausi. Dopo un primo tempo piuttosto opaco, per stessa ammissione di mister Andreazzoli, gli azzurri hanno provato a mettere il capo fuori dal guscio nel secondo tempo. Troppo poco però per impensierire il portiere granata Milinkovic Savic e dare continuità a una piccola striscia positiva di due pareggi, condita da prestazioni non disprezzabili sul piano del gioco.

Adagio

Gli azzurri sono stati in campo con ordine e equilibrio al Grande Torino ma hanno manifestato un atteggiamento troppo prudente e passivo al cospetto della squadra di Juric, apparsa tutt’altro che impenetrabile. Anche le scelte di mister Andreazzoli, in rapporto alla formazione iniziale, non hanno offerto le risposte che era auspicabile attendersi. Si è optato per Shpendi al centro dell’attacco in luogo dell’acciaccato Caputo e Fazzini in funzione di trequartista offensivo, praticamente sulla stessa linea di Cambiaghi. Col risultato che il ventenne ex cesenate – un prospetto che avrà certamente un futuro radioso davanti a sé – ha dimostrato di essere ancora troppo acerbo e poco smaliziato per certi livelli, mentre Fazzini non è riuscito a dare impulso alla manovra offensiva della squadra come, in altre occasioni, era riuscito a imprimere. Cancellieri, col suo ingresso in campo, ci ha messo gamba e vivacità ma, alla fine, la sua partita sarà ricordata più per l’unica occasione che non è riuscito a concretizzare davanti al portiere serbo del Torino. In vista della Lazio, il recupero di Ciccio Caputo, più che un auspicio, “rischia” di diventare un fattore irrinunciabile per l’attuale reparto offensivo azzurro.

Allegro

Non c’è molto da stare allegri ma, dopo il rocambolesco poker di reti subito in casa dal Sassuolo, l’Empoli nelle tre partite successive ha dimostrato una compattezza difensiva che lascia aperto qualche spiraglio di ottimismo. Con il Genoa, gli azzurri sono andati sotto solo grazie a una prodezza da fuori area dello specialista Malinovskij. Con il Lecce è stato l’infortunio di Berisha a consentire ai salentini di ottenere più di quanto avrebbero meritato. Con il Torino, l’unica disattenzione è stata pagata a caro prezzo sull’incornata decisiva di Zapata. È come se l’Empoli, dopo la sbornia contro gli emiliani di Dionisi, avessero recuperato lucidità è concentrazione, offrendo pochissime chances offensive agli avversari. La squadre che subiscono pochi gol in genere si salvano – Empoli 2022-23 targato Zanetti docet – ma, per farlo, devono assolutamente capitalizzare al meglio ciò che passa il convento in area avversaria. Anche perché non si trova sempre un Vicario da santificare. Al momento gli azzurri sono caratterizzati da una sterilità offensiva preoccupante ma con un Cambiaghi in netta crescita, un Cancellieri dotato di fantasia e imprevedibilità e un Baldanzi destinato a aumentare il suo minutaggio, il tutto miscelato con l’esperienza e l’opportunismo di Ciccio Caputo, dobbiamo sforzarci di pensare positivamente. Anche perché gli altri, in particolare Salernitana, Verona, Udinese e Cagliari, non è che stiano dando un ritmo forsennato alla lotta salvezza.

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6 Commenti

  1. Serve un’impennata, un acuto, un colpo di coda. Qualcosa in grado di dare la scossa a un ambiente che, giornata dopo giornata, si sta abbandonando al pessimismo più nero.
    Ieri sera c’è stata la cena di Natale. Tutti presenti, giocatori con le loro famiglie, staff tecnico e dirigenti. Speriamo ne abbiano acquisito consapevolezza. Battere la Lazio servirebbe come il pane in tempo di guerra

  2. Direi che il movimento è tornato ad essere “adagio”; piano, piano ci stiamo riproponendo con lo stesso gioco dell’anno scorso, e in questo senso anche il nonno si sta convincendo che è l’unico modo per raccogliere qualcosa: Grassi e Marin stanno riacquistando la titolarità a centrocampo, Fazzini farà l’Akpro dell’anno scorso, Cambiaghi (Cancellieri) e Caputo le due punte, con dietro (speriamo) Baldanzi (Shpendi), e una difesa arroccata e protetta dallo stesso centrocampo.
    Con questa squadra, non si può pretendere di schierarla in altro modo, e per di più avere l’arroganza di volere per forza farle fare il bel gioco.
    Stiamo con i piedi per terra, che è meglio.

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