Nel Centenario dell’Empoli non potevamo non ricordare un personaggio che ha legato all’Empoli (prima come giocatore e poi come allenatore) venti anni della sua vita e che è stato uno degli “operai” più qualificati ed importanti di quella “Fabbrica di talenti” che è stata negli anni l’Empoli FC. Parliamo di Ettore Donati.

Con lui siamo nei rivoli della storia dell’Empoli, soprattutto sul versante Settore Giovanile ma non solo. Nelle parole che ci ha detto c’è stata emozione e passione  – peccato non poterle trasportare sulla pagina! – ma c’è stato, soprattutto, l’amore incondizionato e senza fine di un uomo per la sua squadra del cuore: l’Empoli. Un amore nato quando lui, Ettore Donati da Peccioli, era ancora un ragazzo e vestiva la maglia azzurra nelle giovanili, cresciuto poi quando quella maglia ha indossato da professionista, diventato passione quando lui è passato dal campo alla panchina, dove per 14 anni ha guidato le squadre dei Giovanissimi e poi degli Allievi e poi – per un decennio – della Primavera.

Ettore Donati, nei cento anni di storia dell’Empoli, è uno di quelli che ne ha saputo rappresentare al meglio valori e capacità, potenzialità e scommesse vinte. Dispiace non vederlo dalle parti di Monteboro. Dispiace sapere che porta a Coverciano e in Italia un enorme bagaglio di esperienza che potrebbe essere speso per la Società che ancora, ne siamo certi, ama e che si porta nel cuore.

E’ un professionista capace di costruire il futuro. Perché – senza volerne sminuire la carriera di calciatore – questo è quello che soprattutto è: oggi con il Settore Tecnico FIGC a Coverciano a insegnare agli allenatori di domani, ieri a Empoli dove, dalla panchina, ha formato intere generazioni di calciatori, regalando al calcio azzurro ed a quello italiano decine di giovani talenti. E lo ha fatto perché ha saputo guardare e vedere oltre il presente di un giocatore, di un ruolo, di una tattica. Ha saputo immaginare ciò che poteva essere ed ha avuto il coraggio di crederci.

Classe 1955 arriva ad Empoli con il ruolo di attaccante ad appena 17 anni e

Donati nella Nazionale Juniores 1972 – 1973

inizia a giocare nel Campionato Allievi. Da qui, neanche 18enne, fa il salto in prima squadra, in Serie C, dove lo convoca l’allenatore Maurizio Bruno e lo fa debuttare il 7 gennaio 1973, gara interna con la Spal, nella quale subentra a Perricone al 75’. Collezionerà 6 presenze e 0 reti in quel primo anno in azzurro, ma quanto basta per essere notato dalla Sampdoria e passare la stagione successiva ai blucerchiati con i quali esordisce in serie A nella Stagione 1973/74. Ancora una stagione a Genova e poi il ritorno ad Empoli, sempre in C, dove avviene un incontro che ne indirizzerà in modo decisivo (parole di Donati) la sua carriera di giocatore prima e di allenatore poi: Renzo Ulivieri. Il tecnico samminiatese cambia ruolo al giovane Donati: troppo lento per stare in attacco ma con una  grande visione del gioco ed in possesso di ottima tecnica e così lo mette davanti alla difesa a fare il regista. Sarà quello il ruolo che avrà da lì in poi Donati. Ancora due stagioni ad Empoli dove, grazie anche alla sua capacità di tirare in porta, riesce a realizzare 10 reti, e poi a Rimini (appena salito in serie B) dove resta anche l’anno successivo. Seguono altre tre stagioni di serie C1: 1980/81 a Rende, 1981/82 a Taranto, 1982/83 nella Reggina. Nel 1983/84 disputa la serie C2 con la Lucchese e nel 1984/85 la serie D con il Poggibonsi. Questa è la sua ultima stagione da calciatore, purtroppo costellata da una paio di gravi infortuni che ne hanno fortemente condizionato la carriera costringendolo ad un prematuro ritiro.

Da qui inizia un’altra stagione di Donati: quella di allenatore in casa Empoli FC.

Un’esperienza come secondo in prima squadra con suo cugino Fernando ma soprattutto Settore Giovanile. Dai Giovanissimi, passando per gli Allievi e poi Primavera (in due riprese: 1985/86 – 1993/94 e 2006/07 – 209/10).

Sarà lui stesso a raccontarcela nella intervista che proponiamo.

Proverbiale il suo carattere di fuoco che ha accompagnato una grande professionalità ed una grande personalità, qualità che ha saputo trasmettere a tanti suoi giocatori, trasformandoli spesso da brutti anatroccoli in splendidi cigni. La sua professionalità non si discute, anche perché è accompagnata dalla curiosità di quel “io bambino” che ancora sa guardare alle cose del calcio con stupore e meraviglia. Per questo è sempre nuovo, per questo le competenze che ha e che mette nelle cose che fa riescono a non essere mai banali, mai scontate, ma stimolo, voglia di ricerca, spinta a sfidare se stessi ed ad andare oltre i propri confini. Donati è riuscito in tanti anni a “fare vedere” ai suoi giocatori quello che c’era oltre il loro orizzonte e a far credere loro che quel ”oltre” fosse raggiungibile. Con molti c’è riuscito, ce lo racconterà lui stesso.

Allora Ettore, che stai facendo?

Nove anni fa Ulivieri (Presidente dell’Associazione Italiana Allenatori, n.d.r.) mi chiese di collaborare con lui nel Settore Tecnico di Coverciano. Organizziamo Corsi Regionali UEFA C destinati ad allenatori fino alla Serie D o del Settore Giovanile e faccio parte della Scuola Docenti Allenatori di Coverciano. I corsi che facciamo vengono svolti in ogni parte d’Italia, ne facciamo 5 all’anno, e questo mi porta in giro nel Paese.

Come è nata questa collaborazione?

L’ultimo anno che ero ad Empoli Ulivieri mi chiamò e mi chiese di partecipare ad un corso innovativo: UEFA C, appunto. Da allora sono iniziati i Corsi di cui ti parlavo. L-idea era quella di rimanere ad Empoli e  fare docenza ai Corsi quando questi si sarebbero svolti vicino a Firenze. Poi le cose sono andate come sappiamo…

Già… ma perché l’Empoli ha deciso ad un certo punto di lasciarti andare via?

La prima Primavera allenata da Donati (1989/90)

Sinceramente non lo so. L’ho chiesto a tutti, dal Presidente, all’allora Responsabile del Settore Giovanile, a Vitale..ma nessuno mi ha spiegato il perché. Credo tuttavia che qualcosa si fosse incrinato nel rapporto fiduciario della Società con me già qualche tempo prima. Quando tornai alla Primavera (stagione 2006/2007, n.d.r.) mi fu proposto di andar in un’altra Società ma io volevo rimanere ad Empoli. Così parlai col Presidente e  rimasi, anche se ciò significò una riduzione di stipendio.  Quella Primavera diventerà quella di Fabbrini, Saponara…

Mi racconti come è iniziata la tua carriera di allenatore?

I casi strani della vita…Era l’anno nel quale l’Empoli avrebbe vinto il Campionato di Serie C con Vitali, 1982/83 Io giocavo nella Reggina che era nel girone Sud insieme all’Empoli. Prima di una partita che l’Empoli avrebbe dovuto giocare contro una squadra del nostri girone mi chiamarono Bini e Vitali chiedendomi informazioni tecnico-tattiche su quella squadra. Io parlai loro non solo della squadra ma anche dell’ambiente, del contesto “complicato” di alcuni campi del sud, del tifo caldo che c’era nelle gare. L’Empoli vinse quella partita e da quella volta Bini e Vitali mi chiamarono ogni giovedì. Si arrivò ad una giornata dalla fine del Campionato e l’Empoli venne a giocare a Reggio Calabria. Partita decisiva: per l’Empoli quella gara valeva la promozione, per noi  la salvezza. La Reggina perse ma io risultai il migliore in campo. Nel finale di gara e nel post partita ci fu un parapiglia che coinvolse anche alcuni Dirigenti dell’Empoli. Per punizione noi giocatori della Reggina fummo portati in ritiro anche se poi perdemmo l’ultima partita e retrocedemmo. L’Empoli vinse il Campionato. L’Empoli mi fece telefonare da Vitali e mi ringraziò per la collaborazione che avevo dato e mi fu promesso che una volta finita la carriera di calciatore sarei potuto andare ad Empoli ad allenare. Io giocati ancora un paio d’anni, a Lucca e Poggibonsi ma poi smisi, anche per precedenti infortuni che avevano compromesso la mia carriera di calciatore. Quindi andai da Bini e mi fu proposto di allenare i Giovanissimi B e accettai, e la domenica andavo a vedere partite di altre squadre in giro per l’Italia, a fare report per le gare o a visionare giocatori. E’ cominciata così.

Tu per l’Empoli non sei stato solo un bravo allenatore ma un vero e proprio formatore di talenti. Sono tantissimi i giocatori passati da te, qualcuno approdato anche su palcoscenici importanti, in serie A. Cosa ti la lasciato l’esperienza di Empoli?

I giocatori li ha fatti l’Empoli, non io. Si è sempre trattato comunque di giocatori che avevano già delle ottime doti tecniche. Diciamo che forse io ho saputo trovare la loro chiave espressiva per farli rendere al meglio, la loro personalità ad esprimersi. Se permetti vorrei citare quei giocatori che, in qualche modo, sento come maggiore risultato del mio lavoro. Li prendo come esempi, senza nulla togliere ad altri.

Comincio con Birindelli. Lo vidi giocare bambino a Peccioli, giocava all’ala, in attacco. Mi piacque e lo prendemmo ad Empoli. Quando lo ebbi con me in Primavera lo impostai come terzino. All’inizio era titubante, gli stessi suoi genitori lo erano ma poi accettò.

Un altro è Galante. Lo vidi la prima volta ad un provino a Monsummano, Era alto, sgraziato nei movimenti, ma con la palla ci sapeva fare. L’Empoli lo acquistò e lo fece giocare nella squadra Berretti. In un primo tempo la Società sembrò volerlo cedere ma io lo volli con me in Primavera, lo impostai come difensore centrale.

Guarino, anche lui giocava nella Berretti e dopo un prestito alla Turris tornò da noi. Lo presi in Primavera mettendolo terzino.

Angella in un primo tempo non era stato preso in considerazione. Fu aggregato alla mia Primavera e gli cambiai ruolo: sfruttando le sue capacità atletiche e fisiche lo spostai da centrocampista a difensore.

Montella è stato uno dei giocatori di maggior tasso tecnico che ho avuto. Da lui prendevo spunto per preparare gli esercizi per gli altri. Giocatore anche di una serietà e di un impegno assoluti, di esempio per gli altri.

Infine mi piace ricordare la storia di Lorenzo Tonelli, perché è qualcosa che va oltre il calcio. Ebbi in un periodo della mia vita seri problemi di salute e dovetti subire un intervento chirurgico. Mi operò Francesco Tonelli, lo zio di Lorenzo, e mi salvò la vita. Quando ho avuto Lorenzo con me e ne ho visto, oltre che le potenzialità tecniche, il carattere e la personalità, ho dato il massimo per valorizzarle ed ho avuto ragione: è stato anche un modo per sdebitarmi, in qualche modo, con lo zio.

Ti ho citato solo alcuni, ma ce ne sarebbero altri, ciascuno con una sua storia. Sono rimasti tutti nel mio cuore, li porto sempre con me, indipendentemente dalla carriera che ciascuno di loro ha fatto.

Beh…davvero, l’elenco sarebbe lungo. Ma quale è stato il filo conduttore della tua attività di allenatore?

Beh, quando un giocatore arriva a giocare nella Primavera dell’Empoli significa che ha già comunque superato una selezione. Il che significa che certe doto tecniche e fisiche le ha. A loro non ho aggiunto niente dal punto di vista tecnico ma ho lavorato molto sulla loro personalità, sul loro carattere. Ti potrei fare decine di esempi. Ma questo è quello che poi, alla fine, fa diventare un giocatore.

La partita che più delle altre ti è rimasta nel cuore?

Una formazione Empoli 1976/77 – Donati ultimo in basso a destra

Sicuramente un Inter-Empoli giocata con la Primavera a Milano e vinta (era la gara degli Ottavi di Finale del Campionato Primavera 2009/2010, 13 maggio 2010, e fu vinta dagli azzurri 1-0 con gol di Crafa, n.d.r.). Si giocava allo Stadio “Meazza”, un’emozione per me e per tutti i ragazzi.

La partita invece che ricordi con maggior amarezza?

Inutile dirtelo, lo sai benissimo. La Finale di Macerata persa con il Genoa. Ci fu un intervento della Società per inserire nel gruppo alcuni giocatori dalla prima squadra, forse pensando che la Fase Finale del Campionato offrisse loro una vetrina.  Io non seppi dire di no. Il risultato non fu quello che desideravamo e perdemmo una grande occasione anche se giocammo con un Genoa che schierava giocatori fortissimi…su tutti ricordo El Shaarawy, che ci fece pure un gol

Un tuo ritorno ad Empoli?

E’ un sogno al quale non ho ancora rinunciato…

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3 Commenti

  1. Grande centrocampista . Ottimo allenatore. Bella persona. Lo ricordo con grande affetto e ammirazione. Bell’articolo. Grazie Fabrizio.

  2. Si davvero un Grande Empolese nel cuore!
    Grazie per tutto!!!

    PS: io avrei avuto una domanda: perché Tegolo è rimasto nell’anonimato? Tutti vedevano lui e Montella da A, che fine ha fatto il primo e perché?

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