Proseguendo il nostro cammino attraverso i personaggi che hanno caratterizzato la storia azzurra del centenario, abbiamo deciso di fare un salto indietro, con chi è stato protagonista degli anni ’70, ossia Renzo Ulivieri. Nato a San Miniato, prima di approdare sulla panchina azzurra fra il 1974 e il 1976 aveva allenato la squadra del proprio paese, per poi passare a Prato e Fucecchio. E’ sempre rimasto legato all’ambiente azzurro, adesso è presidente dell’associazione italiana allenatori, e guida il Pontedera femminile.

Salve Renzo. Facciamo un flash-back, torniamo agli anni ’70 quando era alla guida dell’Empoli: che esperienza è stata?

“Erano gli anni dell’austerità, quindi andavamo agli allenamenti al campo in bicicletta. Ho buoni ricordi di quelle stagioni, il rapporto con i dirigenti e la presidenza erano buoni. L’obiettivi delle singole annate era quello di mantenere la categoria, lanciando i giocatori migliori, che potevano andar via. C’era grande consapevolezza di questo”.

Ci sono degli aneddoti che ricorda con particolare piacere?

Ce ne sarebbe tanti, sinceramente sceglierne alcuni in particolare risulta operazione particolarmente ardua. Si viveva il rapporto con i giocatori continuo, una sorta di ritiro continuativo. Le dico che controllavamo i giocatori, se lo facessimo adesso allo stesso modo ci arresterebbero sicuramente“.

Successivamente ci sono stati momenti della sua carriera in cui si è presentata la possibilità di tornare ad Empoli?

Una volta che sono andato via è iniziato un altro tipo di percorso, sinceramente non ci sono state possibilità concrete di tornare: tuttavia ho sempre avuto un ottimo rapporto, Fabrizio Corsi me lo ricordo quando faceva il raccattapalle allo stadio, quindi posso dirlo di averlo visto nascere. Empoli, ha sempre rappresentato per me una realtà dall’alto valore affettivo”

Renzo Ulivieri foto d’archivio

Com’è stato il rapporto con il presidente Bini nei suoi trascorsi in azzurro?

In linea di massima direi positivo, persona con alcune spigolosità a livello caratteriale, ma devo dire che mi ha sempre fatto lavorare serenamente senza interferire. Era molto attento alla gestione della società, sotto certi aspetti come diciamo noi in toscana tirchio, ma alla fine i risultati sono andati dalla sua parte, io ho un ottimo ricordo di quel periodo”.

Il rapporto con i giocatori com’è stato? è rimasto in contatto con qualche elemento di quelle stagioni?

Come le dicevo in precedenza, il fatto di stare molto in contatto anche durante la settimana, ha permesso la creazione di rapporti fra di noi. Proprio poco tempo fa abbiamo fatto una cena con i ragazzi. Li chiamiamo ancora così anche se non lo sono più, a testimonianza di quanto di buono è stato costruito a livello umano”.

Adesso inevitabilmente il calcio è cambiato rispetto a quello degli anni ’70

E’ normale che sia così, c’è maggiore velocità rispetto a quell’epoca, il calcio come tutto il resto ha vissuto una sua evoluzione. Adesso siamo in un momento molto particolare, veniamo dalla sospensione per effetto del coronavirus, si è deciso di continuare per dare legittimità ai vari campionati“.

Renzo Ulivieri foto di archivio

Quanto è cambiata la figura dell’allenatore rispetto al passato?

Anche questo aspetto va di pari passo con i mutamenti che hanno investito il mondo del calcio, la differenza principale è che gli allenatori quando si avvicinano a questa professione, frequentando i corsi di Coverciano hanno una preparazione di base superiore a quella dei nostri tempi”.

Adesso come detto allena il Pontedera femminile, quali differenze ci sono con il calcio maschile?

Molti dicono che le differenze sono tante, su questo aspetto io non sono d’accordo: certo nel calcio femminile c’è meno fisicità e potenza per forza di cosa, ma in linea di massima lo sport è lo stesso, i criteri con cui ci si avvicina alle partite e le regole generali sono simili”.

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10 Commenti

  1. Domandagli cosa gli disse Silvano Bini quando lo chiamò ad allenare l’Empoli: “quanto ci dai per allenare l’Empoli?”

  2. Ma lasciamo perdere con il discorso delle cene con le fidanzate, che è stata resa pubblica perché era un festeggiamento particolare. Se non abbiamo corso venerdì a La Spezia o non abbiamo avuto grande voglia di vincere non c’entra nulla. Semmai andrebbe capito il reale attaccamento all’andamento della squadra di giocatori che sanno già di salutare fra poche settimane. Avere giocatori di proprietà e che si giocano un rinnovo è diverso dall’avere giocatore che mal che vada ritorneranno alle rispettive squadre di serie A e poi torneranno in squadra da alta classifica di serie B l’anno prossimo o ben che vada rimarranno nelle loro squadre di provenienza in serie A o addirittura in squadre migliori.
    Abbiamo un’ossatura di squadra che non ha ancora attaccamento alla maglia.
    La squadra di due anni fa aveva fame di emergere ed andare in serie A e sapeva che l’Empoli era la squadra giusta per farlo, c’erano interessi convergenti fra tifosi, giocatori e società e l’appetito gli venne mangiando, poi quando vinci sei anche più attaccato.

    • Mah…… non sono d’accordo.
      Ditemi qual è un calciatore che non miri a salire di categoria vincendo sul campo.
      Oltretutto con la prospettiva di rimanere e fare il titolare in A.
      Secondo me si perde perché non siamo una squadra, perché non c’è organizzazione, né fluidità nella manovra, né quella cazzimma che ci vorrebbe nei momenti decisivi.

  3. Tu sai che Spezia è decisiva, hai fatto una preparazione mirata a quella partita, sapendo che le devi vince tutte o quasi……e fai le ore piccole tre giorni prima???? Via.

  4. Cattiveria, grinta, “cazzimia” non è mai stata da Empoli; i nostri successi sono sempre stati raggiunti con il gioco e la qualità dei giocatori.
    L’Empoli di oggi ha buoni giocatori, ma non ha una filosofia di gioco, manca il leader a centrocampo (ma direi anche in attacco); si è cercato di far gioco sulle fasce, anche riuscendoci, ma non si è proposto un centrocampo adeguato a questa scelta. Sicuramente la maggiore delusione è stato Stulac, l’unico che poteva far girare il centrocampo, ma troppo lento e svogliato. Non aspettatevi grandi cose da Henderson, nemmeno lui sa quale è il suo ruolo, crea solo confusione quando va ad intasare le fasce, non affonda centralmente, e molte volte lascia scoperto il centrocampo. All’attacco, anche per le tante critiche ricevute, Mancuso non ha avuto la forza, e forse anche la voglia, di proporsi come leader, e anche qui si va alla cieca, sperando in qualche guizzo individuale (vedi i goal di Frattesi o Tutino).
    Così come siamo, non possiamo competere con squadre più veloci e organizzate; dobbiamo farcene una ragione, e concludere in tranquillità questa annata.
    Non darei completamente le colpe alla società, che secondo me ha fatto il possibile per creare una squadra forte; ma non tutte le ciambelle riescono col buco !!!

    • Perfettamente d’accordo.
      Proponiamo solo il gioco sulle fasce come faceva Iachini.
      Di gioco palla a terra per vie centrali non c’è traccia.
      Ormai siamo prevedibili…

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