Si può fare. Una Società rappresentativa di una piccola realtà di provincia, con un bacino d’utenza obiettivamente contenuto ed uno stadio da poco più di 5.000 spettatori, può legarsi direttamente ad un marchio di spessore mondiale come Adidas. Non solo, può anche farlo bene, ovvero senza snaturarsi o ritrovarsi vessata dalle imposizioni del produttore.

Le origini: l’Argentina e un asso di picche

I colori bianco e celeste furono scelti da uno dei fondatori, Enrico Sannazzari, in omaggio all’Argentina, terra nella quale aveva vissuto. Una curiosità su Sannazzari, forse unica in ambito calcistico, è che fosse solito giocare con un asso di picche cucito sul petto, peculiarità dalla quale derivò il suo soprannome come calciatore.


Tornando al biancoceleste, come ci ribadisce Sergio Rossi (Direttore Marketing dell’Entella), costituisce un elemento identitario importante per la Società in quanto espressione del legame con il territorio e la sua gente, popolo di emigranti che in buona parte trovò proprio in Argentina la propria fortuna prima di far ritorno in patria.

Per ragioni pratiche (il celeste tendeva a stingere piuttosto velocemente) dal 1920 fino ai primi anni ’60 la squadra giocò in nero, con il solo stemma a rappresentare sulla divisa i colori del sodalizio. Poi il ritorno al biancoceleste, declinato nel corso degli anni in vari modi dal punto di vista grafico, come ci dimostrano le foto di metà anni ’80 che ritraggono Luciano Spalletti. Alla fine però vince sempre la tradizione e le strisce verticali tornano a farla da padrone, come nel recente passato vissuto in partnership con Errea prima e Acerbis poi.

La prima maglia 2019/20

Lo stato dell’arte ce lo ha illustrato sempre Sergio Rossi, che ringraziamo per la cortese disponibilità. Il template attinge come detto al catalogo di Adidas, ma l’Entella ha potuto scegliere in piena libertà il modello da adottare (cosa assai meno scontata di quanto i non addetti ai lavori possano pensare, ndr).


Le personalizzazioni, ovvero tutti gli inserti che hanno a che vedere con la griffatura “Entella”, sono gestiti in completa autonomia dalla Società. Una Società attenta al dettaglio (che poi tanto “dettaglio” non è…) come il rispetto dei colori sociali che, parole dello stesso Rossi, “Per il nostro Presidente non è importante, è fondamentale. Per dare la misura della cura nell’allestire la maglia si consideri il posizionamento dello stemma, in asse rispetto a due strisce biancocelesti, una soluzione che lo valorizza mettendolo in evidenza (grazie all’opposta alternanza dei colori) senza incidere sull’armonia complessiva della divisa.


Una maglia “pulita” che, al netto della patch dello sponsor di Lega, non è “vandalizzata” esteticamente dalla (purtroppo) abituale miriade di inserzionisti dalle forme e dai colori più disparati. Ne deriva un colpo d’occhio piacevolmente “vintage” per certi versi, al cui giudizio positivo contribuiscono anche le personalizzazioni dei giocatori, lineari e ben proporzionate, che per essere perfette avrebbero bisogno solo della griffatura “Entella” dei numeri.

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La scintilla azzurra la accendono il Subbuteo e la prima volta al Castellani per Empoli-Como in un grigio pomeriggio dell'Inverno 1993. Memoria storica delle divise dell'Empoli, la sua collezione privata conta di circa 200 maglie indossate che vanno dagli anni '80 ad oggi, ha lavorato al restyling dello stemma societario e alla creazione dei completi gara utilizzati dagli azzurri dalla stagione 2009/10 alla stagione 2014/15. Nello stesso periodo è stato fotografo ufficiale della prima squadra, occupandosi successivamente del settore giovanile fino alla chiusura del rapporto con la società azzurra al termine della stagione 2017/18.

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